La famiglia non basta più

Alberto Gallas – Nella cura degli anziani a casa sarà sempre più importante l’apporto di figure esterne. E per individuarle serve unire umanità a efficienza ‘scientifica’. È nata così a Udine un’azienda unica in Italia

 

Certamente l’intuito può servire, ma l’idea imprenditoriale dei fratelli Gallas ha solide basi scientifiche: analisi demografiche e sociologiche, modelli operativi manageriali, costanti investimenti in tecnologie e formazione.

Il terreno di gioco però è quanto di più umano ci possa essere: la famiglia, l’invecchiamento, la sofferenza, la solitudine.

È proprio questo incrocio di aspetti così diversi che impone la massima credibilità, quella che in appena pochi anni ha conquistato l’azienda udinese Gallas Group che dal Friuli ha già spiccato il volo verso altre città del Nord Italia. Alberto Gallas, classe 1984, ne è l’amministratore.

Lei che rapporto personale ha con la quarta età?
“Io e mio fratello Lorenzo abbiamo ancora nonna Zita, 93 anni che abita a Fiumicello, e proprio un anno fa ha avuto bisogno dell’assistenza di una badante… che
abbiamo trovato noi, ovviamente”.

E come immagina la sua di vecchiaia, invece?
“La generazione che oggi è anziana spesso vede la badante come un intruso in casa propria, ma perché è legato a un modello familiare del passato in cui l’assistenza era comunque gestita all’interno della cerchia dei parenti più stretti.

Significativo è il frequente atteggiamento che vediamo in alcuni anziani che, quando non sono più autosufficienti, ‘pretendono’ che a badare a loro siano i propri figli, anche se questi lavorano e magari devono già occuparsi dei loro di figli.

Tutto questo già oggi non è più sostenibile e sono certo che le generazioni più giovani, compresa la mia, avranno sensibilità e considerazione diverse rispetto alle collaborazioni esterne”.

Come è cambiata la famiglia?
“Un tempo si risolveva tutto al suo interno: cura dei bambini, dei vecchi e dei malati. Il modello familiare oggi è profondamente cambiato: anziani soli, figli che lavorano e abitano lontano, nuclei monogenitoriali per divorzi e separazioni… in tutte le fasi della vita è e sarà sempre più importante l’apporto di aiuti
esterni.

Non soltanto badanti, ma anche babysitter piuttosto che colf. È destinata a cambiare la forma mentis di noi tutti”.

È da questo che ha trovato spunto la vostra iniziativa imprenditoriale?
“Siamo partiti da un dato oggettivo certo: il numero di persone che avranno bisogno di un’assistenza è destinato ad aumentare. Infatti, l’aspettativa di vita è in crescita, ma soprattutto, grazie a ricerca farmaceutica e innovazione tecnologica, si allunga il periodo in cui la persona è affetta da patologie croniche e ha bisogno quindi di assistenza.
Quest’ultimo è un fattore sottovalutato e su cui la stessa politica non ha un progetto di lungo termine”.

Cioè?
“Basti pensare che le strutture pubbliche non solo non stanno aumentando i posti letto per lungodegenti, ma li stanno addirittura tagliando.

Vuole dire che sempre più persone avranno bisogno di un’assistenza a casa propria… e quindi serviranno sempre più badanti. Una prospettiva valida fin quando è sostenibile a domicilio e poi l’unica soluzione rimane la casa di riposo. Infatti, anche con queste ultime strutture la nostra idea imprenditoriale non è in competizione ma è complementare”.

Chi sono oggi le badanti?
“Concentriamo il ragionamento su quelle h24, quelle cioè che convivono con l’anziano assistito. Il 90% è straniero e il primo Paese di provenienza è la Romania, non soltanto per affinità culturale e facilità linguistica, ma soprattutto perché essendo cittadini comunitari le procedure di assunzione sono molto semplificate.

Altri Paesi, sempre comunitari, da cui in passato giungevano badanti, come la Polonia, ormai hanno raggiunto un livello di benessere che ha interrotto i flussi di
emigrazione.

Comunque, anche dalla Romania giungono sempre meno persone, in quanto attratte da destinazioni, come la Germania e la Francia, in cui gli stipendi sono più alti. E quindi la scarsità di badanti per ora è gestibile, ma nel medio periodo potrebbe diventare un problema”.

Parliamo ora della vostra azienda. Quali numeri avete oggi?
“Attualmente abbiamo sette sedi, quattro in Friuli-Venezia Giulia e tre in Veneto. Entro il 2018 puntiamo ad aprirne altre 5 in Lombardia, Emilia e anche Veneto. Questo porterà anche ad aumentare il numero di dipendenti, attualmente una trentina, che a fine anno saranno 50. E tutti sono under 30. Il numero di badanti gestite è arrivato a 1.500 e contiamo di chiudere l’esercizio con un fatturato di 2,5 milioni di euro”.

L’espansione in tutto il Nord Italia sta avendo ostacoli?
“In verità il nostro mercato è ancora vergine. Gli unici concorrenti sono microrealtà, spesso in forma di cooperativa, che gestiscono poche badanti ognuna. La
crescita dimensionale è frenata dalla complessità organizzativa: selezionare le badanti, abbinare il profilo alle esigenze delle famiglie, risolvere qualsiasi problema
che può emergere, intervenire immediatamente nelle sostituzioni programmate o improvvise… tutto questo non è assolutamente semplice e quando il numero di casi seguiti inizia ad aumentare l’efficienza organizzativa è fondamentale.

Noi abbiamo puntato tutto su questo e possiamo dire che è il ‘segreto’ del nostro successo. E continuiamo a investire nei software di nostra proprietà, nelle procedure operative e nella formazione del personale interno”.

Un modello imprenditoriale, quindi, quasi scientifico?
“Non solo vantiamo un’autorizzazione ministeriale per il collocamento lavorativo, ma abbiamo avviato percorsi di certificazione. Nel nostro settore la credibilità e la reputazione sono fondamentali”.

Come è il mercato fuori dal Friuli?
“Una differenza che si percepisce molto è legata al welfare pubblico. Infatti, la nostra Regione eroga un contributo alle famiglie che si avvalgono di una badante,
che varia da 400 fino a mille euro, che altre realtà italiano non hanno”.

Le vostre porte sono aperte a investitori?
“Certamente. L’attuale piano di nuove aperture è sostenibile con le sole nostre forze, quindi guardiamo solo a eventuali grossi investitori in grado di darci una forte accelerazione”.

Infine, ci sveli su quali nuovi progetti state lavorando.
“Stiamo studiando nuovi servizi, sempre accessori al nostro core business. Per esempio una forma di assistenza infermieristica a scopo di prevenzione, in maniera da aver sempre monitorato lo stato di salute dell’anziano. Questo non soltanto aiuterebbe le famiglie dandogli maggiore tranquillità, ma consentirebbe
anche alla sanità pubblica di risparmiare i costi di ricoveri evitati con azioni precoci sulle patologie”.

 

Fonte: il Friuli – Business

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